giovedì 26 gennaio 2012

Il pronto soccorso


Quando arriva, la ferita sul braccio ha smesso di sanguinare. La benda che ha avvolto attorno lo squarcio ha avuto l'effetto sperato. Sotto i lembi di garza indurita dal sangue rappreso, l'apertura nei tessuti si è ricoperta di una sorta di crosta scura.

La saletta è leggermente illuminata da un triste tubo al neon che fatica a sopravvivere. Nell'aria c'è odore di vomito e urina. Sul pavimento ci sono macchie indefinite, probabilmente create da liquidi organici lasciati lì da chissà quanto tempo. Nella saletta, negli angoli e sulle pareti ci sono chiazze scure e cumuli di sporcizia e almeno una dozzina di persone dai volti contorti nel dolore e nella rassegnazione.

Quando con lo sguardo cerca di orientarsi, gli sguardi distratti della gente lo inchiodano sulla porta. Tutti quegli occhi che lo fissano per un lungo istante prima che ognuno torni al suo piccolo dramma momentaneo.

Ad una parete c’è un cartello bianco con una scritta rossa che dice “Accettazione”. Alla macchinetta del caffé un altro cartello bianco con una scritta blu che dice: “Guasta”. Claudio si dirige verso l'accettazione. Attraversa il corridoio tra la gente seduta su sedili di plastica grigia che continuano a cigolare anche se nessuno si muove.
Una donna anziana, in vestaglia e pigiama, se ne sta immobile su un sedile accanto la macchinetta del caffè fuori uso. Il bianco dei puoi capelli è quasi  perfetto. La donna riesce a non muovere un solo muscolo. Neanche l'accenno di un sussulto involontario.
La donna con la vestaglia sembra addormentata.
O svenuta.
O morta.
Tenendosi il braccio, Claudio, arriva alla saletta in fondo. Quando entra in accettazione tutti gli altri hanno già smesso di guardarlo.
Un fantasma come tutti gli altri.
Un'infermiera da dietro un vetro spesso e opaco gli chiede quale sia il problema e Claudio le mostra il braccio fasciato.
-Un taglio...-
Lei lo osserva un istante.
-Profondo?-
Claudio le risponde che si, il taglio è abbastanza profondo. Per questo è qui e per questo ha il braccio avvolto in due metri di garza impregnata del suo sangue.
La donna procede con la registrazione e poi lo invita a tornare in sala d'aspetto e attendere il suo turno.
Quando torna nella sala adiacente trova tre persone a turno per entrare in accettazione e l'impressione è che la gente sia almeno raddoppiata.
Una ragazza è seduta sotto una bacheca su cui sono appesi, con degli spilli colorati, diversi fogli. Ha il piede nudo e immobile, disteso su uno dei sedili logori. Non riesce a muoverlo, piange silenziosamente e in faccia ha un'espressione dolorante, impaurita. La madre le tiene la mano. Accanto a loro un uomo, seduto e curvo su se stesso, si muove a mala pena e rantola come se faticasse a respirare. La donna anziana intanto continua ad restarsene immobile, fuori dal mondo. Alcune chiazze di sangue le macchiano il pigiama. Claudio si guarda in giro e per un istante ha la sensazione di non essere  nella sua città. Ha l'impressione di non essere nemmeno nella sua nazione.

La sensazione è quella di essere capitato in un pronto soccorso improvvisato di una zona ai limiti del mondo.
Un cartello informa i signori utenti che ognuno è classificato con un colore. Un codice di priorità.
Il bianco, il verde, il giallo  e il rosso.
Non dovreste mai farvi dare il rosso.
In ogni caso, se vi dovessero dare il rosso, probabilmente non lo sapreste nemmeno, perché dovreste essere quanto meno privi di sensi e ad un passo dalla dipartita.
Fuori i tuoni preannunciano il temporale che sta arrivando. Le raffiche di vento si insinuano sotto la porta che qualcuno ha chiuso. Gli spifferi sembrano una chiacchierata spettrale. Un uomo anziano si tiene il braccio legato al collo con un fazzoletto. Ha la mano gonfia come un pallone e scura come una prugna. Il suo codice dovrebbe essere il giallo. Prima di lui sicuramente c'è la donna che sta urlando per il dolore.
E prima di lei il tizio messo ancora peggio, disteso su una lettiga con lo
sguardo perso chissà dove.

Il personale addetto non esiste, se non quando attraversano la sala per uscire fuori a fumare. I loro volti sono inespressivi, per nulla distratti dallo spettacolo della sala d’aspetto.
In venti metri quadrati ci saranno una ventina di persone che tossiscono, sbadigliano, piangono, singhiozzano, rantolano, soffrono, aspettano e parlano sottovoce per passare il tempo che qui dentro sembra dilatarsi all'inverosimile.
Una signora chiede ad un'altra con un taglio sopra l’occhio destro da quanto tempo sia li. Quella fa un'espressione sconsolata e dice di aspettare da cinque ore. Codice verde.
Insieme ai tuoni si sente l'eco di un'ambulanza. In pochi secondi il mezzo arriva sulla piazzola davanti il pronto soccorso. Portano d'urgenza un tizio, un ragazzo in stato d’incoscienza. Lo scendono giù dall'ambulanza e lo portano direttamente dentro. Senza fermarsi.
Un codice rosso.
Un'urgenza più urgente della donna anziana che sanguina in silenzio.
Un  overdose.
Nei successivi quindici minuti arrivano un incidente stradale, un ictus e due feriti da arma da fuoco. Una gamba rotta, un attacco di appendicite e un tizio che vomita in una busta.
Il codice di Claudio è verde.
La gente li dentro tossisce. Qualcuno si lamenta di essere li da troppe ore e nel frattempo nessuno è ancora stato chiamato. Claudio esce fuori. Le raffiche di vento sono gelide e fuori ci sono almeno il doppio delle persone che aspetta nella sala d'aspetto. Tre cani randagi se ne stanno accucciati in un angolo cercando di ripararsi dal freddo.
Un tizio appoggiato al muro guarda Claudio e dice che farebbe bene a mettersi il cuore in pace, che ha da aspettare.
-Cos'è che ha?-, gli chiede con una specie di ghigno.
-Un taglio-, dice Claudio mentre l'uomo si accende una sigaretta e sorride.
-C'avevo azzeccato. Mi sa che devi aspettare un bel pezzo...-

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